A una settimana dal Venerdì Santo di quest’anno ripenso alla gioia intensa provata allorquando mio figlio mi ha comunicato, pochi istanti prima del suo mettersi in cammino con i “Neri” (come vengono definiti i confratelli dell’Arciconfraternita “Mortis et Orationis” di Piano di Sorrento) che avrebbe portato in spalla la statua del Cristo Morto.

La Processione Nera di Piano

Per chi non avesse contezza dei riti della settimana santa in Penisola Sorrentina, va sottolineato come essi rappresentino per tutta la comunità un momento di grande partecipazione religiosa e civile, frutto di devozione popolare, folclore e suggestioni paesaggistiche.

Le principali località interessate – Vico Equense, Meta, Piano di Sorrento, Sant’Agnello, Sorrento e Massa Lubrense – propongono un calendario ricco di appuntamenti che vanno dalla Domenica delle Palme al Sabato Santo, con culmine nella processione del Venerdì Santo, anche detta “del Cristo Morto”. 

Lunghi cortei silenziosi, illuminati dai lampioni portati dai confratelli (Bianchi, Neri, Rossi a seconda della congregazione) e dai portatori che reggono pesanti simulacri lignei (il Cristo Morto e la Madonna Addolorata) – accompagnati dal suono degli strumenti musicali delle bande o, più spesso, da quello delle voci dei cori dei bambini e delle donne, ed inoltre, sempre, da quello degli uomini che intonano le diverse versioni del “Miserere” – si snodano lungo le vie più suggestive dei paesi peninsulari, sfilando tra archi in pietra e scorci di mare e creando un contrasto intenso ed emozionante tra dolore e bellezza. 

Io nasco e cresco in questa Terra intrisa di suggestioni e riti antichi e, pur essendo vissuta lunghi periodi lontano, ne ho sempre sentito forte il richiamo. Quando mio figlio ha mostrato di essere in grado di camminare da solo per tutto il percorso della processione Nera di Piano (quella a cui ha sempre partecipato la componente maschile della mia famiglia paterna) e’ stato naturale per me affidarlo a chi si occupava della sua organizzazione, fargli indossare la veste nera che la contraddistingue ed appendergli al collo il cestino con le margherite rosse, simbolo del sangue versato da Gesù prima della sua morte. 

Quella e’ stata la sua prima esperienza da “portatore” – sebbene di un peso leggero come si confa’ ad un bambino di quattro anni –  e nell’occasione precedeva proprio la statua del Cristo Morto, portato in spalla da uomini incappucciati con i guanti bianchi (ad indicare la purezza del gesto) che frequentemente si alternavano nel sostenere il simulacro per stemperare l’enorme fatica che comporta il camminare per un lungo tragitto con un peso in spalla di diverse centinaia di chili.

Quest’anno quel peso, casualmente, è toccato anche a lui, diciassettenne nel pieno delle intemperanze e inquietudini adolescenziali. Quando, emozionato, me lo ha comunicato, ho sentito subito l’esigenza di sottolineare l’importanza di questo onere, o meglio di questo privilegio che gli era stato assegnato, e gli ho scritto poche righe per incoraggiarlo:

Sono profondamente grata a chiunque ti abbia stasera conferito questo meraviglioso ruolo di “spalla” del Cristo morto. Chiamandomi e dicendomi che indosserai i “guanti bianchi” mi hai reso orgogliosa perché per un credente, per una Persona di Fede come Me, saperti al servizio di Cristo in questo modo – in un ruolo ricoperto da persone che se lo tramandano di padre in figlio – e’ un miracolo ed una opportunità di redenzione non comune. Tra due giorni e’ Pasqua. Cerca di andare “oltre” il significato tradizionale di questa festa. Guardati dentro e, da persona intelligente quale sei, cerca in te qualcosa o qualcuno che possa migliorarti e  renderti fiero ed orgoglio dell’Uomo che stai diventando”.

L’ho guardato sfilare sul Corso del paese, riconoscendolo tra gli incappucciati sotto la statua, come solo una Madre sa fare, e sono stata presa in quell’istante da un moto di orgoglio, anche inopportuno – inappropriato direi – per il momento di intensa partecipazione emotiva che il passaggio della statua del Cristo Morto determina nella folla di persone disposta sul ciglio delle strade. 

Nei giorni successivi ho sentito l’esigenza di condividere questo mio stato d’animo con un amico di infanzia che per anni ha ricoperto il ruolo di Priore dell’Arciconfraternita e che ho sempre ritenuto, principalmente, al di la’ di tutto, una Persona di Cuore e di Fede.  

Dalla condivisione e’ nata la consapevolezza che spesso occorre “invertire il modo di ragionare sul ruolo dei tanti che portano la statua: non saranno loro a portare il Cristo, ma il Cristo a portare loro”.

Così mio figlio quest’anno e’ stato casualmente scelto “per poi “Essere” portato dal Cristo durante la processione. Come un bimbo viene portato dal padre, così, tutti noi, continuiamo ad essere portati per mano durante il Venerdì Santo

E dunque per me, Madre afflitta da tante preoccupazioni, che sono comuni a tutte le Madri di tanti ragazzi giovani e intemperanti – per non dire incoscienti – che sfidano il mondo con un delirio di onnipotenza che troppo spesso finisce per sgretolarsi sul selciato di una strada o sotto il peso imperante delle responsabilità che la Vita richiede, un messaggio di speranza perché lui, come tutti loro, è in cammino, “portato per mano da chi si prenderà sempre cura di lui”.